lunedì 25 novembre 2013

IL PRIMATO DELLA POLITICA


di Attila Piccolo

ll rschio di una visione moralistica della politica connaturata proprio al corrente "primato della politica".
E' proprio il politico degradato che censura le posizioni altrui caricando la condanna politica di ragioni  morali che riducono l'avversario politico a nemico.
Il  moralismo implicito nel "primato della politica" va respinto proprio come ultima frontiera (mascherata) contro una politica apertamente subordinata alla laicità razionalizzatrice della società civile che nasce nella sfera degli interessi perchè è accertata una struttura comune necessaria all'esistenza umana in cui i bisogni necessari sono una scala che si allunga fino a configurare come necessari bisogni non-elementari evoluti e raffinati, già...(il diritto allo studio e alla cultura,il  diritto all'informazione, il diritto all' ambiente, il diritto alla pace,il diritto alle libertà....)
Istanze raffinate della civiltà convertite in bisogni in una dialettica storica che distruggono in  modo demagogico ogni valore, cioè la cultura diviene un  modo di vivere e quindi abbiamo il narcisismo politico al potere.
Il senso profondo di una politica  moderna non sta tanto e soltanto nella richiesta di soddisfare i bisogni esistenti dell'umanità quanto e soprattutto nello sforzo di far crescere il livello dei bisogni umani dagli interessi economici alla sfera dei bisogni disinteressati.
Dalla cultura dei bisogni occorre salire al bisogno di cultura anche per salvare i valori più alti della politica e la stessa democrazia.
C' è una una gravità crescente che caratterizza l'odierna separazione della politica dalla cultura, bisogna superare sia il quadro di " una cultura senza politica" sia il quadro di una " politica senza cultura".
In base a questi rapporti tra politica e cultura abbiamo il fallimento di tre posizioni ancora dominanti :
la prima é quella della riduzione della cultura a politica e della promozione culturale di ogni iniziativa politica; la seconda é quella dell'autarchia  (autonomia, indipendenza) della politica accompagnata generalmente dal disprezzo della cultura; la terza é quella elitaria di  molti ambienti tecnico-professionali come confine della conoscenza sociale accompagnata da un larvato disprezzo della politica.
Sulla crisi di queste posizioni si  manifesta ormai la necessità di un ripensamento nuovo del rapporto politica-cultura in una società nella quale sull'onda di profonde spinte storico-sociali, la cultura italiana avverte l' insufficienza della sua tradizione e la necessità d'Incidere sui processi sociali.
Siamo ormai entrati in un' epoca che non é ormai solo post-ideologica  ma anche post-positivista con la crisi delle ideologie, degli idealismi e degli spiritualismi, occorre una forte integrazione della conoscenza sociale che respinga le servitù politiche  !!!

IL DISFACIMENTO POLITICO

di Attila Piccolo


In Italia la svolta Riformista avviene con trent'anni di ritardo e questo significa che l'alternativa ppolitica rimane una chimera. Dopo la caduta del Muro di Berlino e la de-costumunizzazione dell'europa centrorientale, la Democrazia Cristiana rimane chiusa in se stessa ed il Partito Comunista nelle sue liturgie evolutesi poi nel centralismo democratico. Per iniziare a vedere un cambiamento occore aspettare lo sconvolgimento degli anni Novanta che si trascina via il sistema politico. Un sistema clientelare, corrotto, maldestro,inefficiente che aveva drogato il mercato con Oligopoli retti sulle tangenti che comunque non si differenziava troppo dal resto dell' Europa se non per la sfrontatezza.

Un importante commentatore anglosassone , Tony Judt, ha scritto:
" Persino in Italia, dove lo Stato è debole e politicamente molto più vulnerabile, esso ha svolto un ruolo cruciale garantendo posti di lavoro, sussidi, fondi regionali e un'intricata varietà di piani di aiuto che hanno contribuito enormente alla stabilità sociale di un Paese la cui unità è sempre stata in discussione e che ha subito molte e più profonde crisi politiche di quelle che l'esperienza anglo-americana può cominciare ad apprezzare.
Prendiamo in considerazione la domanda controfattuale:dove sarebbe oggil'Italai senza la fitta e inefficiente  amministrazione pubblica, i servizi pubblici sovraffolati, il disfunzionale e screditato rapporto prezzi-salari, i piani pensionisticisottofinanziati e la corrotta e maltrattata Cassa per il Mezzogiorno, istituita nel 1950 per canalizzare le risorse nel Sud arretrato, ma che per molto tempo ha favorito i clienti politici e i soci commerciali della Democrazia Cristiana al Governo? ".

Dove sarebbe quindi l' Italia oggi senza il " suo" modello di economia sociale di mercato, senza la sua storia produttiva e industriale fatta di aiuti pubblici e statalizzazioni?
Cinicamente il Paese sembra essere rimasto in piedi proprio grazie alla sua malattia.
Il sistema delle clientele nell' Italia bianca e "poliarchica" ( poliarchìa  Forma di governo in cui il potere politico è esercitato con pari autorità da una pluralità di soggetti politici.
R. A. Dahl il quale, in A preface to a democratic theory (1956), elabora di contro alle teorie che egli considera tradizionali della democrazia il concetto di democrazia poliarchica. Per essa si intende un modello di democrazia pluralistica articolato sulla diffusione del potere politico (e dei relativi "contropoteri") all'interno della struttura sociale.) delle correnti democristiane e il blocco delle cooperative nelle regioni rosse, hanno sostenuto l'assetto sociale ed economico durante gli anni Settanta; la generale sindacalizzazione della forza lavoro ha fatto da collante in una società dilaniata dal conflitto politico e spaventat dal terrorismo.

Non si può parlare di un modello, ma certamente di una formula.
La " Formula Italia ", l'Italia del " bipartitismo imperfetto " è crollata quando ha esaurito la sua funzione.
Negli anni Novanta il sistema si è sfaldato, le organizzazioni  seppur malate che avevano sorretto la crescita si sono accasciate.
Ma questo processo è generalizzato nella realtà della globalizzazione.
La caduta della SPD nel 2009 in cui i socialdemocratici sono scesi al loro minimo in sessant'anni, costituisce il sintomo del disfacimento politico per eccellenza.
Si stanno disgregando le strutture che avevano retto le società nel novecento.
Se questo è vero, quali saranno le soluzioni per uscire dalla crisi economica?
In quali condizioni ci troveremo dopo la grande tempesta?
In quale modello, in quale organizzazione sociale, su quale ritmo di crescita?
E soprattutto con quali prospettive di recuperare un percorso di sviluppo?
Ne parleremo ed affronteremo le tematiche di soluzione...

venerdì 15 novembre 2013

LIBERTA' POLITICA E'...

di Attila Piccolo

L' uomo è davvero un essere libero?
E' davvero dotato di libero arbitrio?
Qual'è la natura ultima, l'essenza della libertà?
Per Spinoza libertà era" perfetta razionalità" ; per Leibniz " spontaneità dell'intelligenza" ; per Hegel " accettazione della necessità" .
Queste indicazioni riguardano una libertà collocata in  " in interiore hominis " =  all'interno dell'uomo.
Nessuna di queste guarda alla libertà esterna e cioè al mio essere libero/a o non libero/a in relazione agli altri.
E la libertà politica é questo : cioè un coesistire in libertà con la libertà altrui e resistere all' illibertà.
C' è quindi una grandissima differenza tra libertà interiore e libertà di volere da una parte e libertà esteriore e libertà di fare dall'altra.
La filosofia si occupa della prima, la politica della seconda.
La libertà politica è quindi, appunto, una libertà del fare, una libertà  " pratica ".
Chi ci viene in aiuto, è Thomas Hobbes con la notissima definizione del " Leviatano " : "  Libertà  propriamente significa assenza...di impedimenti esterni ".
Hobbes però è quello che c'entra il problema perchè applica la libertà politica al rapporto cittadini-Stato dal punto di vista dei cittadini.
Se invece consideriamo il rapporto Stato-cittadini dal punto di vista delo Stato, dire che lo Stato é "libero di" ci riporta all'arbiitrio di potere, allo stato tirannico che è libero di comandare solo a suo piacimento...
La sostanza quindi qual'é? Che la libertà politica serve a proteggere il cittadino dall'oppressione. Come?
Oltre duemila anni fa Cicerone diceva: " Siamo servi delle leggi al fine di poter essere liberi " ; lo diceva ancora più forte Locke nel 1600 " Dove non c'è legge non c'è libertà" ; ma chi più di tutti ha inciso su questa tesi é Jean Jacques Rousseau: " Quando la legge è sottomessa agli uomini non restano che degli schiavi o dei padroni...la libertà segue sempre la sorte delle leggi, essa regna e perisce con queste."
Perché la libertà ha bisogno della legge?
Perchè se governano le leggi, regole generali ed impersonali, non governano gli uomini e la loro volontà arbitraria, dispotica, stupida o crudele di un altro uomo.
E' anche vero che la legge è coercizione, visto che regola, proibisce e condanna ma al tempo stesso ci tutela perchè è costituita da norme che si applicano indistintamente a tutti...salvo eccezioni....illustri...
Questa, la legge, sarebbe un formidabile deterrente...fatto salve le sopracitate eccezioni...
La libertà politica è anche è una"  libertà difensiva " da...
Su questa scia c'è poi la " libertà affermativa " di...
Se prima però non c'è la protezione della legge poi non c' è la libertà di fare niente.
Attila Piccolo