martedì 3 dicembre 2013

IL GOVERNO DEL FARE, DEL NON FARE CHE NON SA COSA FARE

di Attila Piccolo

Il governo Letta,  incomincia ad avvertire, un pesante clima di censura fatto di sorrisi e di dati che non sono certo la fotografia della realtà, anzi...
 L’immagine di questo governo è quella di una persona apatica, priva di stimoli,
 Di questo clima apatico ne risente tutto il paese perché chi ne paga le conseguenze non sono certo i ministri ma la popolazione che rimane in attesa di un segnale di vitalità del governo, il quale invece non sa cosa fare, schiavo della noia che affligge le stanze del potere.
L ’unica azione che il governo riesce a fare è di prendere continuamente tempo in attesa di un segnale di intercessione divina in grado di cambiare l’attuale status quo.

Un grande filosofo del Novecento diceva che è nel porre e nel gestire le situazioni di emergenza che emerge il vero detentore della sovranità: ebbene si deve convenire che in Italia, l’esperienza storica successiva al 1989 dimostra che non è la politica, non sono i partiti, quindi i cittadini,  non è quindi la sovranità popolare a tenere in mano il pallino del gioco.
 Lo si era visto nel 1992/93, lo abbiamo rivisto nel 2011, lo vediamo nel 2013, lo vedremo anche nel 2014.
Siamo sempre stati un paese a sovranità limitata.

Prima abbiamo subito passivamente le logiche della guerra fredda, poi quelle della costruzione europea, o meglio del direttorio franco-tedesco che la conduce. L’Italia può seguire logiche virtuose solo quando le vengono imposte: è un paese che, per funzionare, deve essere colonizzato, altrimenti prenderebbe il largo dall’Europa e si avvierebbe verso il Sud del mondo. E’ un boccone amaro, ammettono altri ancora, ma necessario: per far fuori Berlusconi e la sua cricca e rimettere il timone del governo in mano all’ "Italia perbene". E' questa l'Italia perbene? La loro?

In Italia hanno abbiamo avuto un’incidenza particolare (e disastrosa), proprio perché non governati consapevolmente da una classe politica e intellettuale all’altezza della situazione.
Classe intellettuale, appunto: un discorso analogo a quello qui abbozzato si potrebbe fare per gli ambienti della cultura e della stampa, e per quelli economici . Il problema è complessivo, di classe dirigente, ed è semplicemente ridicolo da parte degli uomini dell’establishment accademico-mediatico-finanziario il  :
“noli me tangere” (non mi toccare)  intimato alla casta dei politici. 
La  politica è impotente.
. I politici, in realtà, sono un po' complici e un po' ostaggi. Per governare, quel poco che possono governare, hanno bisogno di non inimicarsi l'amministrazione e soprattutto i suoi vertici. I politici contano, ma meno di quanto pensi il grande pubblico. Funzionano però benissimo come parafulmini. Gli attacchi ai politici di governo per tutto ciò che non riescono a fare non sfiorano nemmeno la macchina amministrativa sottostante, la quale procede, indifferente a tutto e a tutti, con i suoi ritmi, le sue inerzie, le sue opacità, le sue regole interne. L'importante è che nessuno riesca a mettere ceppi capaci di invertire la tendenza della spesa pubblica a crescere,spingendo così sempre più in alto i livelli di tassazione o a spezzare le catene burocratiche che opprimono la società.

  All'inizio del Novecento, il sociologo Max Weber pensava alla burocrazia come a una «gabbia d'acciaio» che avrebbe alla fine prodotto la pietrificazione delle società occidentali, ne avrebbe prosciugato ogni energia, ne avrebbe svuotato l'anima. In quei termini, la profezia di Weber non si è ancora realizzata. In Italia, però, i segnali ci sono tutti..

 “A causa della mancanza di interesse, il domani è stato cancellato” cita un autore inglese.

Attila Piccolo

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